Come già raccontato in uno dei nostri post precedenti, quest'estate siamo stati per poco più di una settimana nello splendido Lazio. Una delle tappe è stata Viterbo, città di grande storia, ma anche zona ricca di terme.
La nostra carissima amica Caterina, originaria del Viterbese ed ex insegnante di letteratura italiana, ci ha gentilmente preparato una splendida presentazione del Bullicame, la fonte di acqua termale citata da Dante nella Divina Commedia, in uno dei gironi dell'Inferno.
Per gli amanti del termalismo i dintorni di Viterbo
offrono diverse possibilità di
svago e di cura: accanto agli stabilimenti termali veri e propri, ci sono varie
sorgenti di acqua calda che alimentano vasche a cui si può accedere
liberamente.
La sorgente più famosa si chiama Bullicame. Il termine bullicame deriverebbe da bulicante, o buglicante parola usata in
passato per indicare l’acqua che bolle.
L’acqua solfurea, infatti, sgorga da un profondo cratere
naturale a 58° di temperatura e affiora in un laghetto recintato dal quale
partono dei ruscelli d’acqua che alimentano alcune vasche. Esse si trovano
appunto al centro del Parco umido del Bullicame ed i bagnanti possono godere
gratis anche della vista di un giardino roccioso e dello stagno dove si riproduce
il Rospo smeraldino.
A sinistra della sorgente una stele riporta i versi tratti
dal XIV canto dell’Inferno della Divina Commedia in cui Dante
cita il Bullicame di Viterbo.
“QUALE DEL BULICAME ESCE IL RUSCELLO
CHE PARTON POI TRA LOR LE PECCATRICI,
TAL PER LA RENA GIÙ SEN GIVA QUELLO.
LO FONDO SUO ED AMBO LE PENDICI
FATTE ERAN PIETRA, E I MARGINI DA LATO"
Per comprendere meglio i versi bisogna rifarci al settimo cerchio dell’Inferno dove sono
puniti i violenti. Il cerchio è diviso in tre gironi; nel primo c’è il fiume di
Sangue bollente Flegetonte , dove sono immersi i violenti contro gli altri, il
secondo è la famosa selva dei suicidi, dove sono puniti i violenti contro se
stessi e dalla quale esce un ruscello stretto tra argini di pietra,che attraversa
il terzo girone, una landa sabbiosa sulla quale scende una pioggia di fiamme.
Qui sono puniti i violenti contro natura. Questo ruscello è una
diramazione del Flegetonte
che dopo aver attraversato la selva dei suicidi , sbocca nel sabbione e lo
taglia per riversarsi nel fondo dell’inferno. Il vapore che emana dalle sue acque spegne le fiamme sovrastanti e permette a Dante e Virgilio
di passare senza rischi camminando su questi argini.
Così scrive il Sommo Poeta:
Tacendo divenimmo là
‘ve spiccia
Fuor della selva un
picciol fiumicello,
lo cui rossore ancor
mi raccapriccia.
Quale del Bulicame esce il ruscello
Che parton poi tra lor le peccatrici,
tal per la rena giù sen giva quello.
Lo fondo suo ed ambo le pendici
Fatte eran pietra, e i margini da lato;
per ch’io m’accorsi
che ‘l passo era lici.
In italiano corrente:
Tacendo arrivammo là
dove esce
dalla selva un piccolo
ruscello,
il cui color rosso
ancora mi fa orrore.
Come esce dal Bulicame il ruscello
che si dividono poi tra loro le meretrici,
allo stesso modo
attraverso la sabbia scorreva quello.
Il suo fondo e le pareti laterali
erano di pietra e e così le sponde;
per cui capii che il
passaggio era lì.
Dante paragona il ruscello che si dirama dal fiume di sangue
bollente Flegetonte alle acque che escono da Bulicame di Viterbo, perché le acque sulfuree viterbesi
scorrono tra argini di pietra calcarea emanando vapori e spesso le concrezioni calcaree assumono una
colorazione rossastra.
Nel secondo verso Dante fa anche riferimento all’uso che si faceva di dette acque termali; i
commentatori più antichi sono d’accordo nella versione riportata sul cippo; Che parton poi tra lor le peccatrici, cioè dalla sorgente
termali sarebbero esistite derivazioni riservate alle meretrici per curare le
loro malattie veneree o per lavare i loro panni.
Tuttavia c’è anche un’altra interpretazione del verso
dantesco e quindi dell’uso delle acque del Bullicame e cioè Che parton poi tra lor le pettatrici, ossia le lavoranti
addette alla pettinatura della canapa. Infatti dagli antichi statuti si sa che
le acque del Bullicame venivano condottate in piscine, e lì usate per la
macerazione della canapa. Questo doveva avvenire lontano dalla città a causa
del cattivo odore che emanava dalla lavorazione delle piante.
Dante probabilmente passò per Viterbo nell’anno Santo del
1300 attraverso la Strada Francigena che passava vicino al Bullicame e con i
suoi versi ha dato perenne fama a questa sorgente di acqua sulfurea.
- Caterina Santibacci -
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